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Domenica, 28 Aprile 2024
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A cura di Antonio Marino

Verso la Giornata mondiale del teatro: Répaci racconta Alvaro

In una cronaca teatrale del 1950 il drammaturgo di Palmi narra "La lunga notte di Medea", opera che lo scrittore di San Luca scrive nel 1949

Appropinquandosi la Giornata Mondiale del Teatro, che, dal 1962, cade il 27 di marzo, il Signor Camillo sceglie un volume di Leonida Répaci: “Teatro di ogni tempo”. Pubblicato da Rubbettino nel 2002, è stato Luciano Lucignani – regista, critico teatrale, dapprima de “L’Unità” quindi, fin dalla sua fondazione, di “Repubblica”, docente alla romana Accademia d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” – a curarne la scelta dei testi e la prefazione: “Rèpaci era uno scrittore che aveva il teatro nel sangue; accanto alle cronache vanno infatti ricordati i drammi e le commedie scritte soprattutto in gioventù (La madre incatenata, del 1925, Crisalide, del 1926, data da Petrolini e Il peccatore, 1927, rappresentata da Bragagli agli Avignonesi)”.

Rèpaci, narra Lucignani, “fu titolare della critica teatrale sull’Illustrazione Italiana dal 1937 al 1942. Ma prima, nel 1924, Répaci era stato titolare della critica teatrale sull’edizione milanese dell’Unità e poi del settimanale Giovedì. E dopo la parentesi dell’Illustrazione Italiana tornerà a scrivere, più tardi, dal 1949 al 1951 e oltre, per due giornali romani, Paese Sera e Vie Nuove”.

Nel marzo del 1950 Leonida Répaci redige la cronaca teatrale de “La lunga notte di Medea” di Corrado Alvaro. Composta nel 1949 su commissione dell’attrice e drammaturga russa Tatiana Pavlova, rappresentata la prima volta l'11 luglio del 1949 al Teatro Nuovo di Milano, ha visto la stessa Pavlova nella duplice veste di regista e interprete: “la Pavlova – sottolinea Répaci – ha visto in Medea niente altro che un deserto di sale o di lava infuocata, e quel deserto ha cercato di tradurre in una recitazione esasperata, bruciata, urlata, sottolineata, qua e là, da scarichi di risa convulse e da gesti di grande vistosità tragica. Noi – continua Répaci – preferiamo l’attrice nelle scene in cui essa ha saputo tenersi in linea con l’umanizzazione voluta e dichiarata da Alvaro”.

Alvaro s’accosta a Medea evidenziandone l’aspetto umano, cercando di comprenderne fino in fondo le ragioni, considerandola solamente una vittima costretta dalle circostanze a compiere il male. Alvaro chiama in causa ragioni esterne, inevitabili e determinanti, alleggerendo di conseguenza il peso della colpa di Medea.

“La Medea di Euripide – evidenzia Répaci – è veramente una leonessa che si difende artigliando i cacciatori che assediano l’entrata del suo covo. Pur avendone fatto un carattere spaventoso, Euripide ha già largamente umanizzato Medea”.

La Medea di Corrado Alvaro, racconta Répaci, è “una creatura vivente in un margine d’ombra dell’eroina tradizionale, una creatura già vinta in partenza, che crea dalla propria torturante attesa il distacco inevitabile di Giasone, l’amore di Creusa per lui, i lutti futuri. È una creatura – chiosa Répaci – barbarica che, al momento della civiltà greca, si è bruciata le ali. Non ha più una fiducia assoluta nel suo potere di maga; riconosce un limite nella passione che l’acceca; sorride amara della paura ch’ella ispira agli altri; prevede il momento in cui non saprà operare altro che il bene e il male di cui tutti sono capaci. Così Medea rientra e si fissa nell’umanità, e potremmo dire nella civiltà…”

E se l’opera, ci tiene a far sapere Répaci, “conferma le alte qualità mostrate da Alvaro nelle scene conclusive del Caffè dei naviganti”, fra gli interpreti, scrive, “avrei da salvare Almirante nella caratterizzazione della parte estrosa di Egèo, e Isabella Assan per la fresca coloritura del personaggio di Layalè. Tutti gli altri meno che mediocri, forzatissimi, intestati a far farina con la ruggine del grano, cioè a produrre del baccano con la speranza di intontire il teatro”.

Insomma, l’opera di Alvaro, che, potremmo dire, rende contemporanea Medea, la mitologica figura greca che riassume in sé amore, morte, passione, follia, infanticidio, scaltrezza, magia, tenta di trovar l’equilibrio tra il teatro classico e la modernità: “naturalmente – afferma Corrado Alvaro, citato da Leonida Répaci – il personaggio di Medea usciva dal mio lavoro molto umanizzato, perdeva molto della sua terribilità; e non a torto alcuni critici rimpiangono l’ affascinante maga Medea. Non so però se sia chiaro che per me la potenza magica di Medea, la sua facoltà di operare portenti era contenuta nell’amore”.

È come se Medea venisse sdoppiata, associando alla Medea antica quella desublimata. Gli appunti del Signor Camillo terminano qui. Noi, incuriositi dalla cronaca di Répaci, ri-tiriamo dalla libreria il testo di Euripide: nel frattempo, però, proseguiamo a navigare fra le critiche teatrali dell’inventore del Premio Viareggio. Tratta Eduardo e Ugo Betti, Raffaele Viviani e Pirandello, Eliot e Miller: ogni cronaca è fresca, immediata, stuzzicante e mai redatta in ginocchio…! Buona lettura a noi … serena Giornata Mondiale del Teatro, il prossimo mercoledì 27 di marzo, a te che leggi!

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